NEGOZIARE SUL PREZZO
Autore: Maria Deledda
Negoziamo sul prezzo continuamente e nei settori più disparati (l’aumento di stipendio; l’acquisto di casa; l’acquisto di beni o la fornitura di servizi; le prestazioni lavorative nostre o altrui..) ma..
sappiamo farlo ?
E prima ancora:
sappiamo riconoscere quando è una (vera) negoziazione sul prezzo?
Infatti, nell’ambito di molte relazioni commerciali o professionali l’elemento “prezzo” è in realtà solo una delle variabili da tenere in considerazione; meglio ancora, spesso l’elemento prezzo non è altro che un simbolo di interessi e bisogni più profondi. Sarà quindi su questi ultimi che occorrerà fare delle riflessioni prima di affrontare la discussione sulla parte economica con il nostro partner negoziale (capo; socio; cliente; eccetera).
Viceversa, qualora si tratti di una vera negoziazione sul prezzo (ad es. perché siamo in un rapporto commerciale una tantum, come nel caso dell’acquisto di un’auto, o perché le altre variabili della relazione sono chiare e già gestite) entreranno in gioco considerazioni e strategie diverse- vediamole.
La prima domanda da farsi quando si affronta una negoziazione sul prezzo e’:
Fare o no la prima offerta?
Cioè: essere o meno i primi a tirare fuori la cifra cui siamo disposti a vendere (o acquistare) un certo bene/ fornire un certo servizio? o aspettare che lo faccia l’altro ?
Questa domanda e’ un classico della teoria delle negoziazioni.
Anzitutto occorre chiarire che fare la prima offerta ( essere i primi a “mettere un numero sul piatto“) presenta pro e contra.
Vediamoli.
Fare la prima offerta- PRO
Uno dei pro più importanti del fare l’offerta per primi consiste nel fatto che questa produce il cosiddetto “effetto àncora“.
1) Cos’e’ l’effetto àncora
L’effetto àncora e’ una nota cognitive bias (distorsione cognitiva) che descrive la tendenza umana a fare pesantemente affidamento sul primo set di informazioni disponibili quando si tratta di prendere decisioni. Questo primo set di informazioni influenza in modo inconscio i nostri parametri di valutazione e quindi -in ultima analisi- le nostre decisioni.
Facciamo un esempio: immaginate che all’inizio della riunione per dirimere una controversia per una richiesta di risarcimento danno di valore non ancora determinato una delle due parti scriva sulla lavagna una cifra, es 1.5M, dicendo che quella e’ la cifra alla quale e’ disposto a transare.
Ora, indipendentemente dal fatto se quella cifra sia giustificabile, ragionevole o accettabile, il fatto che sia stata la prima cifra buttata lì produrrà come effetto che tutta la discussione sul valore del risarcimento si svolgerà “a partire da…” quella cifra; quella cifra, per il solo fatto di essere la cifra iniziale, influenzerà tutta la trattativa: è l’effetto àncora.
Alla luce di quanto sopra si potrebbe essere indotti a pensare che sia sempre meglio fare la prima offerta, di modo da “àncorare” la ns controparte negoziale. Non è sempre così in realtà…
Fare la prima offerta- CONTRA
Bisogna infatti considerare che fare la prima offerta presenta anche dei contra, che possono essere sinteticamente riassunti come segue:
– rischio di “scoprire le carte” troppo presto e magari fare una prima offerta più bassa del prezzo che controparte è disposta ad accettare: una volta gettata la cifra infatti, sarà difficile risalire chiedendo una somma più alta. In casi del genere c’è di nuovo un effetto àncora, ma verso il basso.
– rischio che la nostra àncora sia troppo alta (o troppo bassa), troppo al di sopra/ al di sotto del prezzo che il nostro partner e’ disposto ad accettare; in tal caso la trattativa rischia di essere irrimediabilmente compromessa sin dall’inizio. Sarà infatti difficile in tal caso tornare indietro e “gettare” un prezzo diverso riuscendo a giustificarlo rispetto all’offerta iniziale; la nostra credibilità sarà compromessa.
– un ultimo, più generale rischio infine e’ collegato al fatto di aver mal valutato in partenza se si sia effettivamente in una situazione di “pura” negoziazione sul prezzo. Se infatti c’è di mezzo una relazione e il ns partner commerciale si ritiene offeso da un’offerta con pezzo troppo alto/ troppo basso, questo danneggerà anche la relazione e quindi la possibilità di fare nuove transazioni in futuro.
IN CONCLUSIONE
Quando e’ opportuno fare la prima offerta?
Quando si hanno informazioni a sufficienza: sulla propria posizione e sulle variabili che influenzano l’altro, in termini sia oggettivi (es parametri di mercato, precedenti di vendita, disponibilità di quel bene) sia soggettivi (fondi a disposizione/ fretta di acquistare o vendere/ disponibilità di alternative, etc).
– Se -valutati questi fattori- si ritiene di essere in un caso in cui vale la pena fare la prima offerta per beneficiare dell’effetto àncora, farla senz’altro, tenendo conto di questo ulteriore suggerimento: partire subito facendo l’offerta più alta che si riesce a giustificare. Questo ci eviterà (o ridurra’ il rischio) di “mangiarci le mani” a posteriori se scopriamo che il nostro partner commerciale era in realtà disposto a pagare un prezzo più alto/ ad accettare un prezzo più basso.
A questo proposito, può essere utile sapere che diversi studi hanno dimostrato che si tende molto spesso a sottostimare il prezzo che la nostra controparte e’ disposta a pagare; questo porta evidentemente ad ancorare verso il basso e a “lasciare valore sul tavolo”;
– Se viceversa si ritiene di non avere abbastanza informazioni sui margini di trattativa e in particolare sulle leve che muovono il nostro partner commerciale, meglio non scoprire le carte ed aspettare che sia lui a farlo. Ovviamente in tale ipotesi bisogna essere pronti ad affrontare il rischio che neanche lui faccia la prima offerta, e che si parta in una situazione di stallo- in tal caso, per uscire dall’impasse può essere utile lanciare quel che tecnicamente si chiama una “soft anchor” (es. “pensavamo ad una cifra nell’ordine di..“) e vedere la reazione dell’altro.
Oppure, se la controparte insiste nel chiedere a noi di fare offerta (il classico “fammi un’offerta” o “aspetto la vostra offerta“) e noi riteniamo che sia una “trappola” perché non abbiamo elementi sufficienti per valutare la situazione (mentre magari sappiamo che li ha la nostra controparte negoziale)-ributtare la palla nel suo campo e chiedere “come vorresti che fosse questa offerta“? e analoghe domande per indurlo a “scoprire” cosa ha in testa.
Questi sono alcuni esempi semplici di negoziazione sul prezzo; è chiaro che più il bene in vendita è “sofisticato” più si complicano le regole del gioco (vendere una macchina non è la stessa cosa di vendere un’azienda…)