Domande chiuse e domande aperte
Autore: Maria Deledda
Anzitutto, un po’ di definizioni:
Le domande aperte sono quelle domande che consentono una risposta libera, ampia ed articolata.
Esempi:
Che cosa è accaduto quel giorno?
Cosa ne pensi di….?
Cosa intendi per….?
Le domande chiuse invece sono quelle domande che consentono all’interlocutore solo una risposta limitata ad una scelta ben definita di possibilità:
Esempi:
– Sei d’accordo ?
– Mi conferma che quel giorno è accaduto quanto risulta da questo documento ?
– Ritiene che l’errore sia imputabile a Rossi ?
L’effetto che questi due tipi di domande producono sul nostro interlocutore è molto diverso: infatti, a fronte di una domanda chiusa la risposta possibile si limita spesso ad un si/no (o ad un ventaglio ristretto di possibilità), mentre a fronte di una domanda aperta il nostro interlocutore sarà libero di dare risposte ampie, che comprendono anche informazioni nuove.
Ora, se fate mente al tipo di domande prevalentemente usate nelle conversazioni di tutti i giorni, noterete una netta prevalenza delle domande chiuse.
Sui motivi per cui questo avviene ci sarebbe da discutere a lungo.
Anzitutto sulla reale volontà di entrare in relazione con l’altro: le domande chiuse sono spesso affermazioni camuffate da domande. La tendenza a fare domande chiuse consente di controllare meglio la comunicazione; con le domande chiuse decido io come far andare avanti la conversazione.
Se uso domande chiuse, il mio interlocutore in un certo senso non mi interessa; da lui cerco solo conferma di quello che so già.
Così facendo però, oltre a non entrare in una vera relazione con l’altro, perdiamo la possibilità di “allargare” il nostro mondo a nuove visioni ed informazioni, rimanendo imprigionati nella visione che abbiamo già (che magari è una prigione senza uscita…).
Il nostro interlocutore, inoltre, se tempestato di domande chiuse si sentirà messo all’angolo, e reagirà o continuando a non darci l’informazione che vogliamo, o insistendo nella sua posizione; si “radicalizzerà” nella sua posizione, come forma di difesa.
Sulla base di quanto sopra, sembrerebbe che l’ideale sia usare sempre domande aperte.
Ora, le domande aperte consentono al nostro interlocutore di sentirsi più a suo agio perché si sentirà messo nella posizione di parlare di sé e di raccontare la sua visione, ed essere ascoltato; questo produce un’apertura che beneficia la relazione.
Al tempo stesso, come già detto, le domande aperte consentono a noi di acquisire informazioni nuove, cose che non immaginavamo; di entrare nella testa dell’altro, che è il punto di partenza per condurre al meglio la negoziazione, in omaggio al principio del negotiation lies in your partner’s head.
Fare domande aperte ha però dei “contra” da non sottovalutare: richiede tempo, e pazienza.
Inoltre, può essere un investimento a rischio, perché non necessariamente l’altro risponderà dandoci informazioni utili; magari non ci risponderà. Magari ci girerà intorno. Magari risponderà con i suoi tempi. Magari porterà la conversazione off track…
Tutto questo è un rischio che devo essere pronto ad affrontare e gestire nel momento in cui uso domande aperte.
In definitiva:
– nelle negoziazioni (in cui spesso è importante stabilire anzitutto una relazione) è fondamentale partire sempre dalle domande aperte: oltre che a creare un clima positivo e di collaborazione, consentono di ottenere subito informazioni utili al fine di capire “cosa c’è nella testa dell’altro” e individuare la ZOPA reale (al di là di quello che io presumo essere la ZOPA).
– le domande chiuse andrebbero utilizzate preferibilmente solo in un momento avanzato della conversazione, e limitate ai casi in cui occorre (solo) avere conferma di fatti specifici.
Attenzione che fare domande aperte è molto meno semplice di quello che può sembrare…ne riparleremo !